MARIA, TESORIERA DI BELLEZZA

In data 8/06/2019 si è tenuto presso il Duomo di Castelnuovo Garfagnana l’incontro intitolato: Maria, tesoriera di bellezza, di cui presentiamo di seguito un resoconto argomentativo.

La beata Vergine Maria è destinataria di grande devozione da parte del popolo cattolico, ma talvolta questo istintivo affetto verso la Madre di Dio viene a mancare di un’effettiva conoscenza di quale magnificenza risplenda la sua figura nel progetto di Dio.

Paradossalmente è Satana stesso che deve fare i conti con la reale identità di Maria SS. e, attraverso la sua dannazione eterna, ci mostra a quale grandezza fosse destinata la Regina degli Angeli.
Infatti, Lucifero, il più potente e bello fra gli angeli di Dio, conoscitore dei più intimi segreti dei piani celesti e supervisore dei processi creativi dell’Altissimo, venne messo al corrente del progetto di Dio di incarnarsi in un uomo, avendo come unica ragione l’amore per le sue creature. Scandalizzato, Lucifero si turbò all’idea di dovere servire un Dio che avesse assunto una natura inferiore alla sua, ed iniziò a covare ribellione, la quale prese massimo sfogo nel considerare come la donna che avrebbe ospitato nel suo grembo la seconda Persona della SS. Trinità, sarebbe stata di così alto lignaggio spirituale da superare l’arcangelo stesso. Ella, infatti, sarebbe stata la “Piena di grazia”, un essere così altamente paradisiaco da non permettere al suo Signore di rimpiangere la purezza del Paradiso, nel quale nulla penetra che non sia completamente purificato.

Lucifero, che già covava ribellione al pensiero di servire l’incarnazione di Dio, pienamente cosciente di ciò che sarebbe costata la sua rivolta, mosse guerra a Dio, rifiutandosi di accettare il fatto che una donna gli sarebbe stata superiore.

La natura della Madonna, infatti, capolavoro del pensiero divino, sarebbe dovuta essere uno scrigno di celestiale purezza, per essere tempio congruo ad ospitare la perfezione della natura divina, ma, in ciò, noi ancora possiamo ammirare solo Maria come capolavoro di Dio. infatti, per una specialissima grazia, Maria fu oggetto dell’azione salvifica del Figlio, al fine di permettere l’incarnazione per mezzo della libera accettazione che Ella espresse di fronte all’angelo nunziante.

Se Maria, infatti, non ebbe merito nell’ottenere la grazia che la fece di un lignaggio spirituale ed umano al di sopra di qualunque altro, ebbe merito nel sapersi conservare perfettamente esente da peccato e da imperfezione alcuna.

E’ nell’annunciazione che, secondo i racconti evangelici, Maria inizia a costituirsi mediatrice tra Dio e l’uomo. Infatti, attraverso il suo assenso, si è costituita Porta attraverso cui Dio, totalmente spirituale, ha potuto avere accesso alla realtà materiale.

E’ bene constatare che l’arcangelo Gabriele non abbia chiamato Maria per nome, ma abbia usato il termine Kecharitoméne, che indica la pienezza della grazia, ovvero “tutta l’elargizione soprannaturale, di cui Maria beneficia in relazione al fatto che è stata scelta e destinata ad essere Madre di Cristo” (Redemptoris Mater n. 9)

Nel suo “fiat” era già presente in Maria la visione sofferente del suo futuro, in quanto conoscitrice profonda di quelle Scritture Sacre di cui non conosceva solo la forma, ma anche l’intima essenza.

Di questo futuro doloroso ne ebbe conferma durante la presentazione di Gesù al tempio, dove il vecchio Simeone le profetizzò che anche a Lei una spada avrebbe trafitto il cuore.

E’ in quel “anche” che si disvela il mistero della corredenzione. Infatti è tradizione della Chiesa intendere Maria parte attiva alla redenzione di Cristo, sia pure con le dovute premesse.
Noi rimaniamo ben coscienti del fatto che “non vi è che un solo Dio, uno solo è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che per tutti ha dato se stesso in riscatto” (1 Tm 2,5-6).

Solo Cristo poteva portare conciliazione tra l’uomo e Dio, poiché l’offesa a Dio poteva essere sanata solo dal sacrificio di Dio stesso, il quale, assunta la natura umana, si è dato in espiazione per la nostra salvezza.

Il Padre, però, nel suo progetto, ha voluto rendere anche Maria partecipe di tale redenzione, per quanto in modo subordinato e non strettamente necessario, ma certamente in modo speciale.

Infatti, la nostra partecipazione ai dolori di Cristo ci ottiene merito personale al fine di accedere alla vita eterna, ma non aggiunge nulla a quanto già ottenuto da Cristo. Le nostre preghiere e le nostre sofferenze impetrano la richiesta di grazia, ma non rendono i meriti di Cristo più o meno efficaci.

Maria, invece, per quanto in modo subordinato, ha avuto una partecipazione attiva alla redenzione ed è per questo che è possibile chiamarla Corredentrice, seppure stando attenti a porre le giuste premesse.

Le nozze di Cana presentano un aspetto importante per segnare il titolo di mediatrice della Madre di Dio. Infatti, Maria interviene presso Gesù per chiedere miracolo, ottenendo una risposta spesso incompresa dagli esegeti: “Che vi è più fra me te te, donna?”. In realtà è una risposta squisitamente teologica, atta a rafforzare ancor più il rapporto esistente tra la madre ed il figlio. Se volessimo tentare una parafrasi, potremmo renderla così: “Fino ad oggi ti sono stato sottomesso come figlio e ti ho portato la dovuta obbedienza che si porta alla madre, ma ora sono il Redentore: è iniziata la mia missione pubblica e non ti sono più soggetto. Pertanto, accolgo la tua richiesta non per il fatto che mi sei madre, ma perché sei la prima fra le credenti ed è giusto che tu abbia miracolo per prima”.

E’ come se in questo episodio si concretizzi l’affermazione di Gesù, che avverrà più avanti nella sua predicazione: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”. Maria, per Gesù, non è più semplicemente madre, ma diventa tutto, poiché Lei è la più perfetta esecutrice della volontà di Dio tra le creature. Ecco, dunque, che come tale si fa mediatrice tra Dio e l’uomo.

L’aspetto della corredenzione ritorna prepotente al momento della passione di Cristo, il quale, morendo in croce, lascia una pesante eredità alla madre: la maternità non solo dei discepoli, ma anche di coloro che lo hanno ucciso. E qui inizia il Getsemani di Maria, la notte dello spirito, per dirla come San Giovanni della Croce, che la porterà spiritualmente nel sepolcro con il figlio. Lei, perfettamente vivente nella grazia di Dio, sarà apparentemente dalla grazia; Lei, la piena di grazia, abituata a perdersi a nei livelli più celestiali della contemplazione, sarà costretta a vedere solo la tenebra del sepolcro: dolore umano e soprannaturale intrecciati in un inesprimibile cumulo di sofferenza, durante la quale la corredenzione trova il suo apice. Anche in questo caso, nonostante il soffio diabolico le sussurrasse tentazioni la cui irruenza poteva essere sostenuta solo dallo splendore della sua perfetta virtù, rimase senza ombra di imperfezione.

Dalla sofferenza, finalmente la Risurrezione, nonché la Pentecoste, evento nel quale Maria viene incoronata dallo Spirito Santo come guida di carità degli apostoli, la Tutta Amore che, nella sua sapienza e fortezza, consiglia e guida il governo apostolico della neonata Chiesa. Guida difficile ma ferma, che si protrarrà fino al momento dell’Assunzione, giorno in cui la gloria di Dio la accolse come Regina del Cielo e della Terra, così come, ancora oggi, noi la veneriamo per farci suoi discepoli e figli, alla maggior gloria di Dio.

Di Paolo De Bei

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